Franz Reichelt: il sarto che sfidò il cielo (e fu punito)

Franz Reichelt: il sarto che sfidò il cielo

 

All’alba del XX secolo, il progresso tecnologico e l’aeronautica si sviluppavano a una velocità vertiginosa. In questo fermento di idee e invenzioni, emerse una figura tragica e affascinante: Franz Reichelt, noto come “l’uomo volante”. Un sarto austriaco naturalizzato francese, inventore autodidatta, il suo nome è legato indissolubilmente a un gesto estremo: il salto dalla Torre Eiffel per testare il suo paracadute indossabile. Quel giorno, il 4 febbraio 1912, la scienza e la follia si intrecciarono in un volo che durò pochi secondi e che divenne leggenda.

Franz Reichelt con indosso la sua tuta alare

 

L’uomo e l’inventore

 

Franz Reichelt nacque il 16 ottobre 1879 a Wegstädtl, allora parte dell’Impero Austro-Ungarico (oggi in Repubblica Ceca). Da giovane si trasferì a Parigi, dove si affermò come sarto di successo nel vivace quartiere dell’Opéra. Ma accanto all’ago e filo, coltivava un sogno audace: creare un dispositivo che potesse permettere a un uomo di planare in sicurezza da grandi altezze. Era l’epoca degli esperimenti con il volo, dei pionieri che si lanciavano verso l’ignoto, e Reichelt voleva dare il suo contributo.

 

Nel 1910, la morte di diversi aviatori a causa della mancanza di sistemi di sicurezza spinse il Ministero della Guerra francese a offrire un premio a chi fosse in grado di sviluppare un paracadute efficace per i piloti. Reichelt raccolse la sfida. Ma non voleva creare un paracadute da dispiegare separatamente: sognava un paracadute indossabile, integrato negli abiti del pilota. Una sorta di tuta alare ante litteram.

Due delle ultime foto prima del salto dalla Torre Eiffel
La tuta-paracadute

Il progetto di Reichelt prevedeva un abito simile a quello di un aviatore, con ampie pieghe di tessuto in gomma e seta che si sarebbero dovute aprire come ali durante la caduta, rallentando la discesa. Il primo prototipo pesava circa 9 chili. Lo testò inizialmente con manichini, lanciandoli da finestre e da strutture più basse. I risultati, però, non furono convincenti: il paracadute spesso non si apriva o non rallentava a sufficienza la caduta.

Malgrado gli insuccessi, Reichelt era convinto della bontà del suo progetto. Più volte chiese il permesso alla prefettura di Parigi per testare la sua invenzione dalla Torre Eiffel, simbolo stesso del progresso e dell’audacia ingegneristica. Il permesso arrivò all’inizio del 1912, ma era inteso per lanci con manichini, non con persone.

Una ricostruzione artistica della tragedia
Il giorno fatale

Il 4 febbraio 1912, in una fredda mattina d’inverno, Franz Reichelt si presentò alla Torre Eiffel con la sua tuta-paracadute e una piccola troupe di giornalisti e cineoperatori. Salì al primo piano della torre, a circa 57 metri d’altezza. Disse a tutti che avrebbe lanciato un manichino, ma una volta arrivato in cima, rivelò la verità: sarebbe saltato lui stesso.

I presenti cercarono di dissuaderlo, ma Reichelt era determinato. Si fece misurare il vento – intorno ai 3 metri al secondo – e salì sul parapetto, con il suo abito goffo e ingombrante. Alle 8:22 del mattino, si lanciò nel vuoto.

Un fotogramma della caduta, Il video è disponibile su Wikipedia

Il paracadute non si aprì. Reichelt cadde come un sasso, colpendo il suolo congelato a una velocità stimata di circa 100 km/h. Morì sul colpo, davanti agli occhi attoniti dei presenti e delle cineprese. Il filmato di quel volo tragico divenne uno dei primi video virali della storia, proiettato nei cinema come monito e tragedia.

 

L’eredità di un volo

La morte di Franz Reichelt fece scalpore. Alcuni lo definirono un folle, un incosciente; altri lo videro come un martire del progresso, un uomo che credeva tanto nella propria invenzione da scommettervi la vita. Il suo gesto fu ampiamente discusso dai giornali dell’epoca, suscitando indignazione ma anche ammirazione.

Giornale dell’epoca che diede la notizia della morte prematura del giovane inventore

Dal punto di vista tecnico, il suo progetto aveva difetti evidenti: il peso eccessivo, la mancanza di stabilità in volo, e l’errata valutazione della superficie necessaria per rallentare la caduta. Tuttavia, il principio del “paracadute indossabile” avrebbe trovato riscatto decenni dopo, nelle moderne tute alari e nei sistemi di salvataggio per aviatori.

Oggi, Reichelt viene talvolta ricordato come un precursore, una figura romantica che si inserisce nel solco dei pionieri del volo come Otto Lilienthal o Alberto Santos-Dumont. Ma a differenza di loro, il suo esperimento non servì tanto a volare, quanto a ricordare che ogni progresso richiede rigore, metodo e prudenza.

 

La Torre, il cielo e l’uomo

L’immagine di Reichelt in cima alla Torre Eiffel, con il suo abito dalle pieghe improbabili, resta una delle più emblematiche dell’epoca dei pionieri. È il simbolo dell’audacia umana, ma anche del confine sottile tra genio e follia. Quel giorno, Reichelt non morì per un capriccio, ma per la fede cieca nella sua invenzione. Il suo volo, benché fatale, è parte di quella storia di uomini che hanno osato guardare il cielo, tentando l’impossibile.

Forse è questo, in fondo, il vero significato della sua impresa: la tragedia di un sogno che ha cercato il cielo, e ha trovato la caduta.