Sergio Bresciani, l’eroico fanciullo di El Alamein

Sergio Bresciani: il bambino di El Alamein

Sergio Bresciani nacque il 2 luglio 1924 a Salò, un tranquillo borgo adagiato sulle rive del Lago di Garda. In quella cittadina lombarda, la vita sembrava scorrere lontana dai grandi conflitti del mondo, ma per il giovane Sergio la realtà era ben diversa: dentro di lui ardeva un fuoco, una vocazione precoce che lo spinse fin dall’adolescenza a cercare un posto nel destino della patria. La sua storia, tragica e luminosa, si sarebbe conclusa troppo presto sotto il sole implacabile del deserto egiziano, durante la seconda battaglia di El Alamein, lasciando un segno indelebile nella memoria collettiva italiana.

Un’infanzia segnata dal desiderio di servire

Secondogenito di una famiglia semplice, Sergio crebbe con un profondo senso del dovere e un’insolita maturità. All’età di appena 15 anni, mentre molti suoi coetanei frequentavano la scuola o giocavano nei cortili, lui sentiva già forte il richiamo delle armi e dell’onore. Nel dicembre 1940, fuggì da casa con l’intento di arruolarsi volontario nelle forze armate. Raggiunse Milano, ma fu fermato e riportato indietro dai Carabinieri. Non si arrese: il mese successivo tentò di nuovo, questa volta a Genova. Ancora una volta venne riconosciuto e respinto.

Il diciassettenne Sergio Bresciani in uniforme

Ma Sergio era testardo e determinato. Sapeva che la guerra infuriava in Africa Settentrionale e che lì, in Libia, servivano uomini. Così, nel 1941, riuscì a imbarcarsi clandestinamente e a raggiungere Tripoli, dove infine ottenne l’arruolamento nel 3º Reggimento di Artiglieria Celere, inquadrato nel Corpo d’Armata Italo-Tedesco. Non aveva ancora compiuto 17 anni.

Il fronte africano: coraggio e dedizione

Il giovane Bresciani si adattò con disciplina alla vita militare, distinguendosi per la sua serietà e il senso di responsabilità. I superiori si accorsero subito di lui. Era umile, silenzioso, ma determinato, e non si tirava mai indietro, anche davanti ai compiti più pericolosi. Partecipò a numerose azioni sul fronte del deserto, in una guerra fatta di sabbia, caldo torrido, scarsità d’acqua e scontri feroci.

Il sacrario militare di El Alamein, dove riposano le spoglie di Sergio

Nel settembre 1942, durante un’azione in prima linea, Sergio fu ferito gravemente dall’esplosione di una mina anticarro. La deflagrazione gli staccò una gamba. In quelle ore di agonia, secondo la testimonianza dei suoi compagni e dei medici, non gridò, non pianse. Sopportò il dolore con fierezza, continuando a incoraggiare gli altri e a ripetere parole di orgoglio per aver servito l’Italia. Morì poco dopo, il 4 settembre 1942, all’età di soli 18 anni, mentre si combatteva la seconda battaglia di El Alamein, uno degli scontri più sanguinosi e decisivi dell’intero conflitto.

Una medaglia d’oro e una memoria eterna

Per il suo straordinario coraggio e per l’esempio offerto, a Sergio Bresciani fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria, con la seguente motivazione:

“Volontario di guerra giovanissimo, non ancora diciassettenne, con il cuore ardente d’amor di Patria e col più alto senso del dovere, otteneva di essere inviato in zona d’operazioni. Colpito da grave ferita, che gli troncava una gamba, si prodigava nell’incoraggiare i compagni, sopportando il dolore con stoica fermezza, dando a tutti nobile esempio di sereno coraggio. Decedeva qualche ora dopo, lasciando ovunque profondo rimpianto.”

Il suo corpo riposa nel Sacrario Militare Italiano di El Alamein, accanto a migliaia di altri giovani italiani caduti nella sabbia del deserto africano. Il suo nome è scolpito nella pietra, ma anche nei cuori di chi studia e ricorda la storia del nostro paese.

Il bambino di El Alamein

Nel 2009, lo scrittore Antonio Besana pubblicò un libro dedicato alla sua figura, intitolato “Il bambino di El Alamein”, dove ricostruisce con grande sensibilità la breve vita e la straordinaria parabola eroica di Sergio Bresciani. L’opera ha contribuito a riportare l’attenzione su questa figura spesso dimenticata, restituendogli il posto che merita nella memoria storica italiana.

Oggi Sergio Bresciani è ricordato non solo come un soldato, ma come simbolo della giovinezza spezzata dalla guerra, della dedizione assoluta a un ideale, e della forza d’animo che può abitare anche il corpo più giovane. La sua vita rappresenta un monito e un insegnamento: che il sacrificio, sebbene tragico, può essere anche luminoso.